Il potere è nelle parole

Il potere è nelle parole
Mi rende felice scrivere libri. Perdippiù ...ne uccide più la penna che la spada...

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lunedì 30 settembre 2013

I veri problemi

     
Mentre il nostro premier (Letta) invita pubblicamente a 'pregare per l'Italia' in coincidenza con l'ennesima 'trovata' di Berlusconi, provo a mettere a nudo quelli che sono i veri problemi che dobbiamo affrontare. In primis, non esiste alcuna 'ripresa italiana'. E non si tratta di una situazione datata di qualche anno, ma di mezzo secolo ormai. Il grafico esplicativo sulla storia del nostro PIL (Prodotto Interno Lordo) è impietoso. Dal 1964 in 
poi, le variazioni sull'anno precedente sono state costantemente negative; sul lungo periodo, naturalmente. Come mai? 


La causa principale risiede nell'idea profondamente instillata (grazie ai media al servizio dei padroni del sistema monetario) che si possa ottenere qualcosa in cambio di niente. Da decenni ormai, crediamo di poter vivere una vita da sogno senza fare alcuno sforzo, di poter spendere più di quel che guadagniamo, di poter 'consumare' più di quel che produciamo, senza pagare alcuna conseguenza. La conseguenza è -invece- l'indebitamento. Lo chiamano 'debito pubblico' solo perché si vuol farlo pagare a tutti; mentre chi lo contrae... è diverso da chi lo paga. Qui sotto lascio qualche grafico... per chi ha piacere di capire. E non importa se alcuni dati vengono dagli USA... dato che questo 'sogno americano' dev'essere il nuovo paradosso globale. Ma non si tratta di un sogno: è piuttosto un incubo; l'incubo della schiavitù. Quella volontaria, senza frusta.





Ed ecco, infine, a cosa serve il governo: a produrre 'carta'. In proporzioni via via più spaventose ..... Probabilmente, questa produzione di 'carta' è quella più costosa  per i cittadini e quella meglio pagata per chi la produce ..... 





Felicità
Enzo

lunedì 23 settembre 2013

Capire le pensioni (2)

       

Data di poche settimane orsono la 'nazionalizzazione dei fondi pensione' da parte del governo polacco, che dà lo spunto a questo post.
In pratica, i soldi dei contributi pensionistici dei polacchi sono a disposizione dello Stato. Il che significa che lo Stato può disporre di quei soldi (e non è detto che li utilizzi per pagare le pensioni ai polacchi). Bene. In parole povere, se quei soldi verranno usati per altri scopi, significa che non ci saranno più quando sarà il momento di versare le pensioni ai cosiddetti 'aventi diritto'. La morale della favola è che in ogni singolo Paese europeo si 'provano' degli esperimenti economico-finanziari per sondarne gli effetti, le reazioni e le conseguenze. Irlanda, Grecia, Cipro, Portogallo... non sono situazioni sporadiche ed isolate, ma -se viste in un insieme- rappresentano un indizio chiaro e lampante della direzione in cui stiamo andando. Basta saper vedere.
Ma veniamo al punto che ci interessa di più: capire le pensioni. E' molto semplice. Direi, quasi banale. 
Se guardiamo lo schizzo qui sotto, la dinamica risulta molto evidente a seconda dei 3 casi possibili. 1) Popolazione in maggioranza anziana 2) Popolazione in equilibrio 3) Popolazione in maggioranza giovane.
Direi che -probabilmente- l'Italia di oggi sta nel primo caso, quello di una popolazione anziana; ovvero il numero di anziani, nell'insieme, è superiore a quello dei giovani (sempre nell'insieme).
Il principio è: 'i giovani pagano le pensioni agli anziani'. Il che funziona quando il numero di giovani è maggiore di quello degli anziani, il terzo caso dall'alto in giù.
Se i due valori si equivalgono, come nel secondo caso, il principio continua a funzionare perchè il denaro speso per le pensioni torna comunque nel circolo economico dei giovani.
Nel primo caso, quello più in alto, quando il numero di anziani è superiore a quello dei giovani... i giovani non sono in grado di sostenere le pensioni degli anziani.

Se osserviamo la direzione del flusso del denaro nei tre casi, possiamo capire perchè adesso, in Italia, sono i pensionati (genitori e nonni) a sostenere i giovani e non il contrario. Messo nero su bianco su uno schizzo, basta un minuto per capire; proprio come diceva Napoleone: "Uno schizzo vale più di mille parole".

Felicità
Enzo 

venerdì 13 settembre 2013

Conoscere le tasse e le pensioni (1)

                 
I media ci bombardano con servizi sulle tasse, l'evasione fiscale, le pensioni, la crisi... ma quanto sappiamo a proposito di quanto ci viene raccontato? Cominciamo dalle 'fondamenta', cioè l'origine ed il significato delle parole che usiamo e che ascoltiamo. 
Il termine Fisco (fiscus in latino, "cesto", "cassa") indicava originariamente la cassa ed il tesoro privato dell'imperatore romano, distinto dall'erario militare, dall'erario del popolo e dal Senato definiti complessivamente aerarium (da aeris, cioè "rame, bronzo, denaro, tesoro"). La parola Tassa (in francese taxe, in spagnolo tasa, in portoghese taxa) ha vari significati ed etimologie: viene dal verbo tassare e dal latino TASCA  (tassa), che tiene ad una supposta forma secondaria TAXICA, TEXACA,TAXACA (nella legge salica). Alcune fonti fanno anche riferimento al francese tâche ed all'inglese task, in ambi i casi 'compito'. Anche 'cottimo' nel caso del francese 'payer a la tâche'(pagare a cottimo).  Vediamo quindi 'tasca' (in tedesco tasche, nel francese dialettale tache, tasque, tasse, in spagnolo bolsa-bolsillo, in inglese pocket): originariamente indicava una sacca, una borsa, di quelle che una volta si portavano appese alla cintura o al collo 'per tenervi roba necessaria alla giornata, come danari e simili: altrimenti, ma più sgarbatamente, detto sacca'.

Taxaca-texaca, nella legge salica, indicava 'furto' e nel tedesco antico 'zascon' (che alcuni riconducono a 'tasca') valeva per 'rubare', passando da qui al senso di 'sacco' per contenere il frutto della rapina.
Dal secolo XIII al XVI, sotto le forme 'tasche' (Longobardi) e tâche (Franchi) indicava 'sacco da misurare' il grano o altre vettovaglie e secondo alcuni etimologisti questo spiega il latino 'tasca' nel senso di prestazione agraria. Nel provenzale tasca o tascha, cioè 'dazio', 'tributo', 'rendita'. 
Pare che da qui (oltreché dall'inglese task-compito e dal francese tâche-cottimo) nasca il latino Taxa nel senso di dazio, imposta.
Interessante il significato (nel veneziano) di 'Asciugare le tasche' = Levare con bella maniera ed a poco a poco i denari dalle tasche altrui, sia con balzelli, sia in altro modo.
Da notare l'appunto 'con bella maniera'... 

Farei notare che il termine 'imposte' indica un'imposizione, cioè una forzatura della nostra volontà. Viene usato come sinonimo di 'tasse' dai media di oggi. Nel caso delle pensioni, non si parla di 'imposte' pensionistiche, ma di 'contributi', cioè un'azione volontaria per il bene comune.

'Imposte' e 'contributi' indicano due comportamenti molto diversi tra loro.
'Furto', 'rubare', ' misurare', 'dazio', 'imposta' hanno la stessa etimologia.
Buona riflessione a tutti.

Felicità
Enzo         

giovedì 12 settembre 2013

Tasse, imposte e fisco

                       
Da buon appassionato di economia e finanza mi sono imbattuto nella 'curva di Laffer'; uno schizzo disegnato da un eminente economista su un tovagliolo di carta per spiegare ad un politico americano la correlazione tra percentuale delle imposte e gettito fiscale. Benché non fosse fondata su una ricerca reale ed approfondita, probabilmente riflette la logica legata al buon senso più comune: più aumenti le tasse, meno tasse vengono pagate perchè.... (lo vediamo più avanti). 

"Alcuni fiscalisti, in base a questa curva, propongono il ritorno a un sistema di tassazione ad aliquota unica (flat-tax), pari al valore ottimo che massimizza il gettito fiscale.... e non è detto che un sistema ad aliquota unica sia più valido di uno a più aliquote.   La flat-tax, dove tutti pagano la stessa aliquota, appare ingiusta, in quanto obbliga i meno abbienti a pagare quanto i ricchi.[senza fonte] Ad essere scrupolosi la flat-tax incorpora già un certo quantitativo di equità e questo è un fatto (es. se Tizio ha un reddito di 300.000€ e Caio ha un reddito di 100.000€ e vige una flat tax al 10%, il più ricco sta pagando già così di più, perché 30.000€ è di più di 10.000€), mentre l'equità dell'imposta progressiva è solo un'ipotesi, non essendo mai stata dimostrata in modo quantitativo."
Questo "appare ingiusta" è alquanto fuorviante in quanto presuppone che 30.000 sia più di 10.000. Il che, in termini assoluti è corretto, mentre dal punto di vista 'dell'equità fiscale' è errato. Le aliquote fiscali si esprimono con percentuali, non in valori assoluti. Quindi, colui che paga 30.000 sta pagando esattamente quanto colui che paga 10.000 (ovvero il 10%) in quanto l'importo pagato è direttamente proporzionale al reddito disponibile (300.000 e 100.000). L'aliquota unica sarebbe la più 'giusta' che ci possa essere, proprio perché espressa in percentuale. Il problema è che -in generale- non sappiamo cos'è un valore percentuale o un valore assoluto e non siamo -sempre generalizzando- abituati a confrontarli e ragionarci sopra.

Ed ecco perchè all'aumentare delle tasse, diminuisce il gettito fiscale:
si tratta di semplice buon senso e psicologia elementare. I redditi, in generale, vengono prodotti dalle imprese (che pagano dipendenti, fornitori, oltre alle varie tasse) e sui guadagni, si calcolano le imposte da pagare. Il problema è che quando si comincia a 'perdere' il 40% o il 50% dei propri guadagni a causa delle tasse, ci si accorge che il 'socio parassita' (colui che tassa) guadagna molto di più del 'socio attivo' (colui che produce il guadagno). Il risultato è che passa la voglia di 'fare impresa' e quindi nascono meno imprese nuove. Perdippiù, alcune delle imprese esistenti preferiscono chiudere i battenti o emigrare. Di conseguenza ci sono meno redditi disponibili per la tassazione. E lo Stato che fa? Aumenta le tasse per mantenere lo stesso gettito fiscale. Invece, nascono ancor meno imprese e molte di più preferiscono chiudere o emigrare, originando una ulteriore diminuzione dei redditi disponibili. La 'crisi' di cui sentiamo parlare tutti i giorni... è in parte dovuta a questa spirale negativa redditi-tasse.


Felicità
Enzo 

giovedì 5 settembre 2013

La guerra , il papa... e Berlusconi.

     
Dopo un mese e mezzo di 'vacanze in 'apnea informativa' mi sembra quasi strano 'tornare' al blog. Un 'blog' è tale proprio perchè non è un 'giornale' e non ha l'obbligo della frequenza... per fortuna! Il tema principale di questi giorni è la (possibile) guerra in Siria con la motivazione dell'uso di armi chimiche da parte del governo siriano: condotta inaccettabile per la comunità internazionale. Che deve fare la guerra alla Siria. E' una 'storia già vista'. Così cerco di esporre qualche riflessione: lo stesso è successo pochi anni or sono con Saddam Hussein e probabilmente adesso sappiamo tutti che il vero motivo era il petrolio ed i petrodollari ad esso legati. Le armi chimiche sono una scusa (sempre) per 'il popolino' e gli adolescenti. Scusate, ma le armi, generalizzando, non sono tutte 'chimiche' ? Napalm, polvere da sparo, plutonio, dinamite... tutta chimica. O no? La realtà è che in gioco ci sono l'energia ed i soldi. La Siria è un 'passaggio obbligato' per oleodotti e gasdotti verso l'Europa (e non solo) e che non ha una Banca Centrale privata (cioè non controllata dalla BIS, Bank for International Settlements). Punto.
La posta in gioco è enorme. Per i produttori di armi, per esempio. Per i Paesi mediorentali che devono/vogliono vendere il proprio petrolio ed il gas ai Paesi europei. Per gli Usa, che perderebbero economicamente sui flussi diretti di petrolio e gas verso l'Europa; senza calcolare eventuali pagamenti in euro al posto dei dollari. E il papa cosa c'entra? Certo, lui è religiosamente 'obbligato' a proclamare un appello di pace, ma ci si può anche chiedere da che parte di interessi stia la Chiesa (il Vaticano sta in Europa...), per esempio.
     
E Berlusconi? Da un punto di vista geo-politico la questione è semplice: al di là delle 'questioni giudiziarie'  (che sono una questione interna),  a livello internazionale Berlusconi ha 'pestato' molti piedi ai 'poteri forti', sia con gli accordi con Gheddafi, sia con gli accordi con Putin. Cos'è successo in Libia è ormai cosa nota, ...e poi non va bene che in Europa si stringano troppi accordi coi russi, 'nemici' storici degli interessi Usa.  Geo-politicamente Berlusconi dà fastidio a molti (fuori dall'Italia, intendiamoci); è una questione di soldi, risorse energetiche e commerci internazionali, tutto qui.
Infine, ogni tanto fa bene anche ripassare la nostra costituzione, vista la gran voglia della nostra classe politica di 'modificarla'.

Felicità e bentornati dalle vacanze a tutti.
Enzo